Sindrome Phalloidea

La Sindrome Falloidea è certamente, fra le sindromi a lunga latenza, quella maggiormente diffusa e purtroppo, statistiche alla mano, quella che ancora oggi, in Italia e nel mondo, miete il maggior numero di vittime. L’alto numero di avvelenamenti riconducibili ad essa sono senza indugio provocati dal fatto che molti funghi, causanti questo grave e non di rado funesto avvelenamento, sono molto facilmente confondibili, per un cercatore poco esperto, con altri miceti commestibili.
La maggiore causa di questo micetismo è riconducibile al consumo di Amanita Phalloides, la cui tossicità è dovuta principalmente al contenuto di amatossine. Tale principio attivo è noto esplicare la sua tossicità a livello epatico, anche se non sono da escludersi danni nei confronti di altri organi, con blocco della sintesi delle proteine, che sortisce come effetto la morte delle cellule del fegato con un danno irreversibile. Queste tossine sono molto resistenti alla ebollizione, all’essiccamento, ai succhi gastrici e perfino alla putrefazione essendo state isolate dopo due anni dal decesso su un fegato di cadavere.
Oltre alle amatossine altri principi tossici sono contenuti nei vari funghi che conducono alla sindrome falloidea, le fallotossine, le virotossine, le fallolisine, ed altri in minore quantità. Tali tossine non sono tuttavia fonte di grossa preoccupazione in quanto alcune poco resistenti alle alte temperature (cottura) o al pH acido (succhi gastrici) e altre poco assimilabili dal nostro organismo. Nei vari principi attivi troviamo anche l’antamanide un’anti-tossina che, pur non avendo nessun effetto contro le terribili amatossine, agisce contro le falloidine.

PRINCIPALI SPECIE RESPONSABILI: A. phalloides (Fr.), A. virosa Fr., A. phalloides var. alba (Vitt.)Gilb., A. verna (Bull.:Fr.)Lamk., Galerina marginata (Batsch. ex Fr.) Kuhn, Galerina autumnalis (Peck) Smith & Sing., Lepiota brunneoincarnata Chod. Et Mart.

TEMPO DI LATENZA: mediamente dalle 6 ore fino alle 48 ore dopo il pasto.

SINTOMI PRINCIPALI: A) nella prima fase che varia nel maggior numero dei casi dalle 6 alle 12/14 ore, solo in una piccola percentuale intorno al 5% fino a 24/48 ore, non si lamenta nessun sintomo.
B) seconda fase: nausea, vomito prima alimentare e poi biliare, diarrea coleriforme, sudorazione, sete intensa, dolori addominali, e vari altri sintomi della gastroenterite.
C) terza fase: scomparsa dei sintomi e temporaneo miglioramento.
D) quarta fase: insufficienza epatica, emorragie, insufficienza renale, coma e morte generalmente fra il 7° ed il 20° giorno.

ORGANI COLPITI: fegato in modo irreversibile, reni in modo reversibile, non si escludono tuttavia lesioni ad altri organi.

PRINCIPALI TOSSINE RESPONSABILI: amatossine, fallotossine, virotosssine.

DOSE LETALE: considerando che la dose letale di amatossine per l’uomo è di 0,1mg per ogni Kg. di peso corporeo, possiamo affermare che la dose letale, per esempio, di A. phalloides fresca possa essere fra i 20gr. ed i 50gr. a seconda che si tratti di un bambino sui 30 Kg. o di un adulto sui 70 Kg., naturalmente senza ulteriori patologie in corso.

PERCENTUALE DI DECESSO: qualche decennio fa la percentuale di decessi era molto alta e si aggirava fino agli anni ’50 intorno al 70/90% dei casi (Grossman & Malbin 1954), alla fine degli anni ’90 i dati del Centro Antiveleni dell’Ospedale Niguarda di Milano davano una percentuale di circa il 7% (Assisi 1998), dovuti in principal modo ad un insufficiente e/o tardivo ripristino dei liquidi persi dall’organismo con forte squilibrio della volemia (volume complessivo del sangue nell’organismo). Oggi questa percentuale in Italia sta progressivamente e fortunatamente calando e si aggira sul 2/3% (Assisi, com. pers.) mentre purtroppo nel mondo siamo ancora sul 15% di mortalità (Saviuc & Moreau 2000).

DECORSO: oggi si è capito che l’idratazione forzata, abbinata alla rimozione delle tossine (carbone attivo), rimane la terapia più efficace per contrastare questa sindrome. Molti decessi avvenivano per l’insorgere di problemi legati ad una non corretta volemia dovuta ai ripetuti episodi di vomito e diarrea che procuravano una fortissima disidratazione. Come ultima strada da percorrere, in caso di problemi irrisolvibili con altre terapie, c’è il trapianto del fegato, intervento sempre più affinato, ma non privo di effetti collaterali.

COSA FARE: ai primi sintomi anche i più lievi immediata ospedalizzazione

NOTE: la sindrome falloidea, come sin qui descritto, è senza ombra di dubbio la più subdola e pericolosa, raccomandiamo perciò di non sottovalutare nessun sintomo che possa essere ad essa riconducibile perché potrebbe rivelarsi un errore fatale. Se si nutre un qualsiasi dubbio sulla qualità dei funghi raccolti e non si è in grado di ottenere una seria classificazione meglio non rischiare e nel dubbio astenersi dal consumo di quella raccolta. Rammentiamo, a memoria, il funesto episodio avvenuto appena fuori Vicenza e precisamente ad Anconetta dove venne sterminata, nel 1926, la famiglia dei Muffarotto in seguito al consumo di A. phalloides. In quel tristissimo episodio morirono otto persone, tutta l’intera famiglia, a salvarsi fu solo il piccolo Giuseppe perché ancora lattante. Molti anni sono trascorsi e fortunatamente episodi di così grave entità non si sono più verificati, ma i dati riconducibili al consumo di amatossine, ancora alti, devono farci riflettere prima di consumare con leggerezza un pasto a base di funghi non chiaramente classificati.